Intervista a José Trovato

Il 9 novembre, presso la sala Avis di Ragusa, a conclusione del progetto Legaliblei, si è svolto l’evento “Tavola rotonda sull’antimafia”, promosso da GLS in partnership con Generazione Zero e La Fuci, con la collaborazione di Libera e CGIL.
La conferenza, coordinata da Giulio Pitroso, ha visto l’intervento dei rappresentanti delle associazioni e dei presenti. Tra gli ospiti José Trovato, cronista ennese del Giornale di Sicilia. Nella sua attività giornalistica ha deciso di palesare le dinamiche della malavita organizzata nel territorio ennese, attività non gradita da tutti: nel 2009 è stato vittima di atti intimidatori da parte di chi avrebbe voluto indurlo al silenzio. La sua attività dopo il triste episodio è continuata con determinazione, portando alla genesi di tre libri-inchiesta sulla mafia in provincia di Enna, l’ultimo dei quali, ” Mafia Balorda”, è stato recentemente presentato.
Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo sulle tematiche affrontate nel corso della conferenza e sulle dinamiche della sua attività professionale.

José Trovato, ospite alla “Tavola rotonda sull’antimafia”

I temi su cui si è basata la conferenza sono: corruzione, contrasto alle mafie e partecipazione civile. Che valore assume un evento di questa portata nella comunità ragusana?
È importante perché di legalità più se ne parla meglio è. Falcone diceva di parlare di mafia in tutti i modi possibili perché ai mafiosi dà fastidio. È importante innanzitutto per questo. Sono tematiche di grande spessore sociale, non vanno sottovalutate e non va dato per scontato il fatto che siano un argomento conosciuto veramente.

Per contrastare il fenomeno mafioso ha adottato la forza dell’informazione giornalistica. La mafia è anche l’oggetto del suo libro ” Mafia Balorda”, recentemente pubblicato. Cosa l’ha spinta ad intervenire e a lottare contro la mafia tramite la scrittura?
” Mafia Balorda” è il mio terzo libro. Il primo l’ho pubblicato nel 2008 e si intitolava ” La mafia in provincia di Enna”. Il sottotitolo del libro era “una storia negata” perché in provincia di Enna c’era la comune “convinzione” che l’organizzazione mafiosa non esistesse.
Emblematico è uno scontro che si era verificato nel corso di un dibattito tra il procuratore della Repubblica e un Preside della Provincia in carica. Il presidente con il microfono in mano aveva invitato gli imprenditori ad avvicinarsi alla provincia ennese perché lì “problemi non ce ne sono”. Il procuratore, che era seduto in prima fila, a quelle parole si è alzato in piedi e, indignato, ha invitato il presidente a prendere parte alle udienze collegiali del mercoledì- quelle con gli imputati per mafia- per accorgersi che la realtà fosse completamente diversa. Dagli anni novanta ad oggi sono circa duecento gli arrestati per reati mafiosi in questa “Provincia Babba”. Eppure di quella realtà diversa nei giornali non c’era traccia.
Dal 2006 io e altri colleghi, di numero estremamente ristretto, abbiamo iniziato a seguire i processi, a scrivere e a raccontare queste faccende.
Ho seguito in prima persona le varie fasi dei processi dal primo momento. Ricordo che una volta uno degli arrestati, condotto fuori dal commissariato, anziché andare verso l’auto di polizia, ha cercato di venire verso di me per colpirmi. Per fortuna i poliziotti erano lì presenti.
Questo è ciò che racconto nel mio libro ” Mafia Balorda”. A differenza del primo, tratta casi recenti e storie che ho incrociato personalmente. Racconto la cronaca in una sorta di romanzo criminale.
Il suo attivismo giornalistico ha sicuramente avuto un forte impatto sociale. Non è passato inosservato: è stato anche oggetto di minacce di morte nel 2009. Qual è stata, invece, la conseguenza più positiva in risposta alla sua denuncia giornalistica?
Nel tempo c’è stata un’evoluzione culturale che ha portato in una provincia dove tutti negavano la presenza della mafia la nascita di ben quattro associazioni antiracket, che coprono il 40% dei comuni della provincia di Enna. Hanno sentito il bisogno di associarsi per contrastare la mafia. Questo è un passo in avanti molto importante, segno che qualcosa è cambiato.
C’è qualcosa che secondo lei dovrebbe necessariamente mutare per una lotta più efficace alla criminalità organizzata?
Sì, ad oggi, purtroppo, la mia denuncia è questa: ancora si fa troppo poco; le istituzioni fanno poco per contrastare i patrimoni della mafia. Lo dico per esperienza personale nel territorio ennese ma penso che il problema si possa estendere a tutta la Sicilia. Nonostante l’Italia abbia la legislazione probabilmente migliore in Europa, la Legge Rognoni-La Torre non viene applicata degnamente e troppi capitali sfuggono al controllo dello stato. Bisognerebbe creare delle unità che si occupino solo di questo.

Un controllo che parta dallo stato per frenare definitivamente l’organizzazione mafiosa è qualcosa di realizzabile o solo utopia?
Già qualcosa si muove, non voglio dire che non fanno niente. I capimafia vengono colpiti nei loro territori; quelli che sfuggono sono i patrimoni acquisiti illegalmente dalle seconde e terze file delle organizzazioni criminali. A rendere la presenza delle organizzazioni criminali ancora più inquietante è il fatto che il denaro ottenuto illegalmente spesso viene reintrodotto nel circuito economico legale. Bisognerebbe porre l’accento su quest’ultima dinamica.
C’è qualcosa che le è rimasto impresso tra gli eventi in cui è stato coinvolto negli ultimi anni ?
La cosa che più mi è rimasta impressa riguarda l’incontro che ho avuto con le scuole in questi anni. Mi sono reso conto che l’educazione civica non esiste più. Nessuno in provincia di Enna sembrava informato.
Mi è capitato di andare in delle scuole in paesini di diecimila abitanti, dove esistevano addirittura due clan mafiosi, e sentire la gente di ogni età sostenere che lì la mafia non esisteva, che non succedeva niente di male, frasi spesso pronunciate anche dai ragazzi nelle scuole, magari proprio dal ragazzino che aveva il padre incarcerato per mafia.
Il volto degli studenti che non sapevano quello che stava accadendo intorno a loro è la cosa che più di ogni altra mi è rimasta impressa.

 

Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene!- Giovanni Falcone

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