Il teatro sociale
Erving Goffman, noto sociologo canadese, ha interamente dedicato la sua vita allo studio e all’analisi del comportamento e dell’interazione dell’individuo sociale. I risultati delle sue ricerche sono stati raccolti nel libro The presentation of self in everyday Life (La vita quotidiana come rappresentazione), uno dei libri più famosi della sociologia contemporanea, in cui riconobbe la natura strategica dell’individuo orientata allo scopo della comunicazione interpersonale. È questa comunicazione interpersonale che viene concepita da Goffman come metafora teatrale in cui illustra come l’individuo sia indotto, per convenzione sociale, a mettere in scena immagini di se stesso; atteggiamenti che Goffman indica con il termine “azione drammaturgica”.
È possibile ridurre tutta la vita sociale ad una sorta di teatro quotidiano in cui il contesto è il palcoscenico e l’individuo, come attore, recita la propria parte sulla scena. Esiste però una differenza sostanziale, puntualizzata dal sociologo, cioè quella tra “scena” e “retroscena”. Ove la scena, come detto innanzi, è il luogo in cui si recita una delle parti, mentre il “retroscena” può essere considerato lo spazio in cui non solo è possibile parlare o sparlare della scena, ma anche il luogo privilegiato in cui l’individuo non è più attore, in cui può mostrare il suo vero “self”.
La vita sociale si fonda sulla demarcazione dei confini tra palcoscenico e retroscena, in cui l’attore cerca di controllare e plasmare l’idea che di se stesso si fa il pubblico per presentarsi nel migliore dei modi, non mancando comunque di credibilità. È implicito dunque il fatto che per natura l’individuo nell’interazione sociale sia portato ad ingannare l’altro sul proprio “io” sulla base di una finta autenticità, arte che nasconde l’arte. L’individuo ha dunque piena coscienza della propria parte, parte che è concepita come una protezione, una membrana del suo vero “self”(io), mezzo esclusivo e necessario per l’interazione sociale. Sebbene sia noto che si cerchi di distruggere questa barriera, ogni singolo tentativo di abbatterla è fermato dalla realizzazione immediata dell’individuo che senza di essa sarebbe escluso da ogni interazione sociale. Dunque risulta essere fortemente attuale ciò che diceva Shakespeare: “Tutto il mondo è teatro”.
È però plausibile chiedersi fino a che punto l’uomo possa farsi trascinare dalla sua parte, tanto da finire per perdere la sua identità. Chi è l’uomo allora se l’io, il “self” è contingente, tutt’altro che stabile, regolato dalla situazione e dalla convenienza? Goffman non ci offre una soluzione a questa domanda, ma analizza piuttosto i processi che la regolano.
Parlando in termini a noi più vicini è possibile notare come questa teoria in circa cinquant’anni non sia mutata, ma piuttosto si sia evoluta abbracciando una nuova realtà sociale che è quella digitale. Questa, al contrario di quanto potrebbe promettere, non costituisce una struttura anti-drammaturgica, ma al contrario impone un “nuovo” ordine sociale di complessità e rigidità maggiori. Tale riflessione è tappa ulteriore di una ricerca che si propone lo scopo più generale di attualizzare gli strumenti dell’analisi drammaturgica di Goffman. Nella recente realtà digitale si assiste ancora all’azione drammaturgica del “self”, ovvero, quando l’individuo agisce e secondo convenzione della piattaforma digitale con la quale si trova ad interagire. A differenza del territorio fisico, fatto di muri e barriere tangibili, ci troviamo davanti a membrane permeabili, i social, che ridefiniscono le geografie situazionali.
Cercare di affermare il “self”, tramite l’azione drammaturgica sia reale che digitale, ha portato all’identificazione dell’individuo stesso come divinità. <<Ci siamo sbarazzati di molti dei -afferma Goffman- ma l’individuo stesso rimane ostinatamente una divinità di notevole importanza>> . Ciò che Goffman scrisse nel suo libro risulta essere oggi tanto più attuale nel tentativo di individuare i ruoli che nella società contemporanea affermano la sacralità dell’individuo. Una grande verità che assume ancora più rilievo nel contesto moderno, nel momento in cui, come dice Manuel Castells, sociologo spagnolo, <<Il ruolo più importante dei social nella strutturazione delle relazioni sociali è il contributo al nuovo modello di socialità basata sull’individualismo>>.
Alessia Iurato