L’urlo della sua anima!
Da una lettura sulla situazione delle bambine in zone sottosviluppate del mondo,fatta in classe è nato un dialogo con mia madre.
Nel corso della conversazione mi ha raccontato dell’improvviso arrivo, nella sua classe delle scuole superiori, di una
ragazza proveniente dal Sudafrica.
Alla fine degli anni ottanta, nel suo Paese, aveva rischiato di rimanere vittima del fenomeno delle spose bambine a causa della decisione
del padre.
Fortunatamente. Però,la mamma non desiderava lo stesso destino per sua figlia, a tal punto da decidere di farla fuggire il prima possibile.
La ragazza arrivò a Ragusa,nell’ottobre nel 1989. Era silenziosa, introversa e timida.
Infatti non fu lei,bensì l’insegnante di storia,ad accennare velatamente al suo trascorso ai ragazzi,
in classe, qualche giorno prima del suo arrivo.
Il suo volto era sempre cupo, malinconico.
Quell’esperienza l’aveva visibilmente segnata nel profondo: era un’esperienza nettamente diversa da quella che normalmente vive una ragazza italiana all’età di 16 anni.Dal giorno della fuga le sue abitudini sarebbero cambiate per sempre, ma lei non ebbe nemmeno il
tempo di rendersene conto.
Non aveva tempo da perdere, doveva solo seguire le istruzioni della madre e fuggire prima che fosse troppo tardi.
Doveva fuggire dalle mani del padre prima di rimanerne imprigionata per sempre, dalle mani di quell’uomo che aveva desiderato che sua figlia, all’oscuro di tutto, venisse data in sposa ad un uomo adulto.
Le stavano per ledere la dignità, stavano calpestando la sua persona.Non si stavano curando minimamente del danno che le avrebbero
provocato: rubarle l’infanzia, rubare il sorriso ingenuo di una bambina, i sogni di un’adolescente ma soprattutto la felicità di una
figlia.La vita non era stata poi così generosa con lei.
Solo una fortuna aveva avuto: il cuore tenero e affettuoso di una madre che meritava davvero di essere chiamata così, di una madre che non avrebbe mai permesso che una simile disgrazia potesse abbattersi su sua figlia.
Chissà quanta violenza avrebbe subìto, quanta paura avrebbe provato e quanta rabbia le
sarebbe rimasta dentro.
Eppure a quel padre andava bene così; stava per vendere la figlia in cambio di denaro, stava per strapparle la gioia in cambio di
pochi spiccioli! Quell’esperienza non fu mai raccontata da lei, di sé stessa non faceva mai trasparire nulla, non aveva mai voluto che si sapesse qualcosa.Guardarla in faccia e comprendere il suo passato fu difficile per i suoi compagni di classe ragusani, la sua era un’esperienza di un universo completamente sconosciuto ai ragazzi di quel tempo e di oggi.
Forse, però, se avesse raccontato qualcosa, si
sarebbe sentito l’urlo della
sua anima.
” Parole in uno sguardo.”
-scritto da Silvia D’Angelo