La teriaca, un leggendario elisir.
L’unguento più famoso nella storia della medicina è forse la teriaca, che per duemila anni venne ritenuta la sovrana tra i farmaci. Essa veniva adoperata per curarsi soprattutto dal veleno delle vipere ma, come riportano le fonti storiche, si utilizzava per qualsiasi infermità.
L’origine di questo antidoto è avvolta dalla leggenda: risale a Mitridate VI re del Ponto, il quale ingeriva un farmaco preparato dal medico Crateua per ottenere l’immunità e fronteggiare gli avversari, trionfando ad ogni combattimento. L’immunità causò però un peggiore malessere al sovrano: l’immortalità, egli dovette infatti farsi sgozzare da un soldato nel 63 a.C., anno in cui fu sconfitto da Pompeo. Il funesto farmaco venne chiamato mithridatum in suo onore, si pensa che includesse 65 ingredienti tra cui erbe e il castoreum, ovvero una sostanza estratta dalle ghiandole del castoro.
Andromaco, medico di Nerone, ne modificò il composto e lo chiamò teriaca, dal greco thḗroin, bestia selvatica. Persino l’illustre medico greco Galeno era così sicuro delle proprietà curative del farmaco da definirlo domina medicinarum e prepararne più dosi per Marco Aurelio, che temeva di essere avvelenato. Riguardo gli ingredienti, venivano riportate più ricette che mutarono con il trascorrere dei secoli. La “panacea” passò poi dai ceti più altolocati a quelli più miseri e tra le varie ricette vi furono colossali differenze ma non venne mai escluso un ingrediente: la carne di vipera.
E’ possibile spiegare il motivo del suo impiego con le due vie ippocratiche verso la guarigione “contraria contrariis curentur” e “similia similibus curentur”. Applicando la carne di vipera si prediligeva la seconda via, secondo cui un malessere va curato somministrando piccole dosi della sostanza che in quantità maggiori, si considera causa della malattia stessa. Questo concetto verrà poi riproposto nell’ Ottocento dal medico Hahnemann con la sua “omeopatia”.
Passando invece al resto degli ingredienti, vi erano: valeriana, oppio, pepe, finocchio, anice, cannella, cardamomo e altri aromi selezionati per le presunte proprietà benefiche.
L’uso della teriaca influenzò anche la cultura dell’Italia, essa veniva infatti preparata a Venezia e a Bologna organizzando così sontuose cerimonie dinanzi al popolo. In più si preferiva compiere una sperimentazione pubblica: si faceva mordere un animale da una vipera, se non moriva voleva dire che la teriaca era di eccellente qualità. Fu proprio in quel contesto invaso da “stregonerie” che vagabondavano i ciarlatani, i quali commerciavano mediocri balsami capaci di adescare un pubblico ingenuo quanto assetato di novità. Nel 1906 si documentò l’ultima preparazione; ed ecco che, allontanandosi da credenze risalenti ad arcane mitologie, la civiltà contribuì alla nascita della moderna farmacologia e subì un radicale cambiamento con la scoperta dell’aspirina, nel 1897.
Tra le fonti storiche più importanti vi sono: Naturalis Historia di Plinio (77-78 d.C.) , De Medicina di Aulo Cornelio Celso (I secolo) , Grabadin (XII sec), Antithetical, Essay on Mithridatium and Theriac di William Heberden (1745).