Nell’occhio di un cadavere, l’optografia forense.
La storia dell’optografia forense ha inizio con il fisiologo tedesco Wilhelm Kühne, il quale approfondì le sue conoscenze sulla vista e sulle trasformazioni chimiche che si verificano nella retina a causa della luce. Verso la fine dell’Ottocento si interessò alla scoperta di Franz Christian Boll della rodopsina: essa è una proteina attraverso cui, nella retina, coni e bastoncelli reagiscono alla luce. Era il 1876 quando Wilhelm suppose che la rodopsina catturasse l’ultima immagine vista prima della morte e fissasse “un negativo fotografico”. Decise dunque di sperimentare la sua tesi su un coniglio: ne lasciò il muso coperto con un panno per qualche minuto in modo da far fissare bene la rodopsina, lo trattenne davanti ad una finestra, infine lo decapitò. Procedé estraendo gli occhi e portandoli in una camera oscura. Qui, tagliava la parte della retina e fissava la rodopsina in una soluzione chimica per conservarla. L’immagine prodotta mostrava la finestra che osservava il coniglio.
Kühne rivelò la sua scoperta alla comunità scientifica nel 16 novembre del 1880 con la morte del condannato Erald Gustav Reif: l’occhio di Reif venne consegnato all’Università di Heidelberg, dove Kühne, eseguiti i procedimenti, ottenne un’immagine confusa nonostante sembrasse ritrarre parte della ghigliottina che aveva decapitato l’uomo. Così il fisiologo continuò i suoi esperimenti prediligendo come cavie animali d’ogni specie. Produrre l’ultima immagine osservata dall’occhio risultava però un’operazione alquanto complessa a causa delle limitanti tecnologie e conoscenze del tempo.
A discapito di ciò, avvennero spesso utilizzi dell’optografia per risolvere casi giudiziari, infatti l’ufficiale Walter Dew presenziò ad un leggendario processo della storia accusando Dr. Hawley Crippen: per dimostrarne il crimine adoperò la tecnica su Mary Jane Kelly, vittima di Jack Lo Squartatore. L’ultimo uso di questa macabra tecnica avvenne in Germania nel 1924, quando Fritz Angerstein fu accusato di aver ucciso degli uomini, venne dunque fotografata la retina delle vittime, ricavando così le immagini di Angerstein che impugna un’ascia; quando l’imputato vide le prove ammise gli omicidi e venne giustiziato. Tutto terminò nel 1975, quando Alexandridis estrasse degli optogrammi partendo dall’occhio del coniglio.Tuttavia, nonostante possedesse sufficienti attrezzature e conoscenze scientifiche reputò l’optografia inadoperabile nell’ambito dell’indagine forense e fu così che venne archiviata.
Oggi, questa pratica potrà sembrare inconcepibile quanto riprovevole, soprattutto da un punto di vista etico ma è corretto evidenziare che la fotografia era per l’uomo non solo una novità ma anche un incanto, il che comportava anche usi irragionevoli come ci dimostra l’optografia forense e tradizioni vittoriane del tempo.